Edifici sicuri attenzione a materiali, competenze e normativa
L’Italia fa i conti con i danni provocati dal terremoto e si cerca una strada per la ricostruzione e, allo stesso tempo, per un costruire futuro più sicuro. Attendiamo gli sviluppi delle nuove disposizioni legislative, tra cui sisma bonus e nuova classificazione sismica, e approfondiamo il tem, parlando di competenze necessarie, rispetto della normativa, tipologie di costruzioni e materiali.
Si è parlato molto di sicurezza sismica e i pareri a rigurado
sono stati tanti. Sono proliferati interventi “informativi”
ed “esperti del settore” pronti a fornire informazioni sul
problema che abbiamo di fronte, un patrimonio datato e poco
sicuro. Ma forse non è stata fatta davvero poi tanta chiarezza.
Ci aiuta così il professor Guido Magenes, del Dipartimento
di Ingegneria Civile e Architettura di Pavia, nonché esperto di
progetto ed analisi delle costruzioni in zona sismica, intervistato
dall’azienda Wienerberger, produttrice di laterizi. Magenes
ci parla di case simicamente sicure, di normativa e di messa in
sicurezza degli edifici esistenti. «Una progettazione competente,
che rispetti le normative sismiche vigenti, unita all’utilizzo di
materiali di qualità e a una messa in opera a regola d’arte: sono
questi gli ingredienti fondamentali per la costruzione di edifici
sismicamente efficienti».
Fonte: Prof. Guido Magenes
di Ingegneria Civile e Architettura di Pavia
L’opinione di Magenes in sintesi:
• Le costruzioni progettate in epoca moderna, secondo
le ultime normative in materia e molte di queste in muratura
portante, durante il sisma del 2012 si sono comportate in
maniera egregia: i danni nella stragrande maggioranza dei casi
sono stati assenti oppure minimi, a crollare sono quasi sempre
edifici vecchi, non mantenuti o con altezze o luci elevate.
• I danni da sisma sugli edifici sono abbastanza indipendenti dal tipo di struttura orizzontale presente: i crolli e i danni
significativi sembrano quasi sempre riconducibili alla bassa qualità
muraria dovuta principalmente a leganti di qualità molto
scarsa, non tanto al tipo di strutture orizzontali, più o meno
pesanti, più o meno rigide. Tant’è che non solo gli edifici in
calcestruzzo si sono ben comportati durante gli eventi sismici
ma anche le costruzioni ad esempio in laterizio, ovviamente se
edificate secondo le più recenti normative e a regola d’arte.
• L’importanza della Classificazione sismica degli edifici,
in arrivo al massimo entro il 28 febbraio 2017, secondo
Magenes dovrebbe determinare anche una fetta del valore
economico dell’edificio alla stessa stregua della classificazione
energetica.
Secondo Magenes, insomma, una casa può essere tranquillamente
costruita in laterizio e, se correttamente progettata,
presentare un’ottima capacità di resistenza alle azioni
sismiche. Lo ha dimostrato il terremoto del 2012 in Emilia
Romagna: «Gli edifici in muratura crollati in quell’occasione
sono stati per lo più edifici rurali particolarmente vulnerabili
o non mantenuti, oppure edifici vecchi o con altezze o luci
elevate, caratterizzati da una certa flessibilità, come chiese
e campanili, che possono aver risentito molto anche delle
caratteristiche particolari del moto del terreno. Quello che
però possiamo dire con certezza è che costruzioni progettate
in epoca moderna, secondo le ultime normative in materia
e molte di queste in muratura portante, durante il sisma del
2012 si sono comportate in maniera egregia: i danni nella
stragrande maggioranza dei casi sono stati assenti oppure
minimi». Anche in Lazio le progettazioni moderne pare si
siano comportate bene.
Progettazione attenta, qualità dei materiali e attenzione nella
posa in opera sono fondamentali. Il terremoto che lo scorso
agosto ha colpito i comuni di Accumoli, Amatrice e Arquata
del Tronto lo conferma. «Chi come me ha fatto numerosi sopralluoghi
in diverse zone colpite dal sisma ha potuto notare
alcuni fatti ricorrenti.
Certamente la grande maggioranza dei danni è concentrata
sugli edifici vecchi, costruiti in muratura di pietra disordinata,
pietrame, pietra sbozzata, e il problema sembra risiedere
soprattutto nella qualità della malta, estremamente scarsa.
Interventi di manutenzione o miglioramento sismico hanno
avuto i loro benefici.
Ma non si può generalizzare; ristrutturazioni eseguite senza
un’attenta e consapevole progettazione dell’intervento possono
essere inefficaci o addirittura controproducenti”. Sono,
quindi, gli edifici costruiti in assenza di norme antisismiche e
con pietra di bassa qualità quelli che più di tutti subiscono i
maggiori danni, si tratta della tipologie edilizia più vulnerabile
che si rileva nel nostro Paese.
L’evoluzione delle conoscenze
Un fattore che non può essere trascurato riguarda l’evoluzione
delle conoscenze in materia. “La classificazione sismica
del territorio italiano è cambiata drasticamente negli ultimi
decenni: negli anni ’60 e primi anni ’70 quasi tutto il nostro
Paese non era ancora ritenuto a rischio sismico, oggi invece
è praticamente il contrario. Anche le conoscenze sulla resistenza
sismica degli edifici si sono molto evolute nel corso
degli anni. Si parla molto della ricostruzione post-terremoto
del Friuli (era la fine degli anni ’70), dicendo che in quel caso
è stato fatto tutto bene. In realtà è più corretto pensare che
sia stato fatto il meglio che si poteva fare con le conoscenze
che si avevano a disposizione in quel periodo: credo però che
tutti i miei colleghi possano concordare con me sul fatto che
le conoscenze nell’ambito dell’ingegneria sismica di fine anni
‘70 e degli anni ‘80 non siano quelle attuali. Oggi abbiamo fatto
tanti passi avanti, abbiamo competenze maggiori e più terremoti
dietro le spalle da cui abbiamo imparato molto. Quando
si parla quindi di edifici mal costruiti e mal progettati, bisogna
sempre contestualizzarli all’epoca in cui sono stati progettati
e costruiti e allo stato delle conoscenze di quel periodo. Certo,
ci possono essere edifici costruiti anche recentemente che
non sono adeguati, ma ancora una volta dico che va esaminato
caso per caso senza fare generalizzazioni superficiali”.
Anche la qualità degli strati superficiali del suolo ha la sua importanza,
perché cambia la frequenza e l’ampiezza delle onde
sismiche e un’attenta valutazione delle caratteristiche del sito su
cui si va a costruire è molto importante.
Il futuro della progettazione sismica
Alla luce delle conoscenze attuali, saranno due i punti da cui partirà
la progettazione sismica. Il primo è quello della limitazione del danno.
“In una società moderna e sviluppata come la nostra – spiega
Magenes – in cui il territorio e l’ambiente costruito hanno un elevato
valore economico, la protezione della vita umana è sicuramente
l’obiettivo primario, ma anche la riduzione del danno è molto
importante. L’esempio dell’Emilia Romagna in tal senso è piuttosto
significativo: il numero di vittime è stato abbastanza limitato rispetto
alla popolosità del territorio, ma a livello di danni economici, specialmente
sulle realtà produttive, l’impatto è stato enorme”. A questo
si riferisce il cosiddetto approccio prestazionale già introdotto dalle
normative più moderne: “Il concetto è che alle nostre costruzioni si
richiede di garantire diverse prestazioni in corrispondenza di diversi
livelli di scuotimento del terreno, a loro volta associati a diversi periodi
o tempi di ritorno. Se si considera il massimo terremoto che
si può fisicamente sviluppare in una certa zona, come conseguenza
di quelli che sono i meccanismi sismogenetici, ecco che per questi
sismi forti o fortissimi magari ci si può anche accontentare, nel caso
di un edificio residenziale, di prevenirne il collasso e di preservare
la sicurezza delle persone. Per terremoti sempre forti, ma con un
periodo di ritorno più basso, attorno ai 500 anni (riferimento convenzionale
per la progettazione sismica), si può cercare di puntare
anche alla limitazione del danno o alla riparabilità dello stesso. Infine
per terremoti con periodo di ritorno dell’ordine di un centinaio di
anni o meno si può pensare di chiedere al nostro edificio di non
danneggiarsi e di mantenere la sua funzionalità. Queste prestazioni
possono essere differenziate a seconda della destinazione d’uso
dell’edificio”. Altro punto cardine, per quanto riguarda la riduzione
e la prevenzione del danno, riguarda le parti non strutturali. “In questo
caso le norme e le conoscenze non sono così approfondite
come per il comportamento strutturale: ci si preoccupa oggi molto,
e abbiamo strumenti molto raffinati per farlo, di come progettare la
struttura, ma non si è prestata finora molta attenzione al comportamento
sismico di componenti edilizi come ad esempio l’involucro,
o le partizioni, o più in generale il contenuto degli edifici. Questa, a
mio avviso, è la nuova frontiera dell’ingegneria sismica”. Fondamentale
sarà l’entrata in vigore, al più tardi entro il 28 febbraio 2017,
della cosiddetta Classificazione sismica degli edifici, che utilizzerà un
modello simile a quello usato per la certificazione energetica: sei
livelli, dalla A alla F, che consentiranno di dire quanto un edificio è in
grado di resistere alle sollecitazioni di un terremoto. Ci ha lavorato
una commissione presieduta dal provveditore alle Opere pubbliche
di Lombardia ed Emilia Romagna, Pietro Bartono.
Il valore della sicurezza sismica
Tramite la classificazione saranno modulate le detrazioni fiscali del
nuovo “sismabonus” e, soprattutto, saranno individuate quelle situazioni
nelle quali è prioritario intervenire. “È certamente una
cosa interessante. Non mi permetto di entrare nel merito e nel
dettaglio, ma ritengo in generale che sia un passo avanti soprattutto
per quel che riguarda il problema, che tutti ci poniamo, di come
ridurre il rischio sismico delle nostre case. Il problema interessa
due ambiti diversi: il pubblico e il privato. Per il pubblico è evidente
che la riduzione del rischio è legato alle risorse dedicate, che
devono essere allocate in modo saggio, seguendo criteri di priorità
definiti con attenzione”. Per quanto riguarda il privato, invece,
secondo Magenes sono due i problemi fondamentali: “Il primo è
la percezione del rischio sismico da parte delle persone, altissima
quando avviene un terremoto, ma poi presto svanita. Il secondo
è di natura economica: prima ancora di parlare di spese di intervento,
bisogna considerare che ci sono da dedicare risorse per far
valutare il proprio edificio, un’operazione che non è a costo zero;
una volta ottenuto l’esito c’è l’impatto della valutazione stessa sul
valore dell’immobile e sul proprietario in termini di investimento
per adeguamento/miglioramento. Personalmente ritengo che finché
il livello di sicurezza strutturale/sismica di un edificio non avrà
un impatto concreto e visibile sul valore del bene dell’immobile è
abbastanza improbabile che un privato cittadino decida di spendere
dei soldi per fare un adeguamento sismico”. La soluzione?
Esattamente come per l’adeguamento energetico, che assegna
una quotazione economica più elevata a un immobile in classe A
rispetto a uno in classe B o C, così anche la classificazione sismica
dovrebbe accrescere maggiormente il valore dell’immobile.